Ortografia | Verbi | Libri di grammatica | Morfologia | Figure retoriche
D eufonica - come e quando usarla
L'uso della d eufonica è, nella lingua italiana, un procedimento volto ad agevolare la pronuncia di parole consequenziali che, in assenza di questa, risulterebbero difficili da leggere o, in molti casi, cacofoniche.
Tale accorgimento consiste nell'aggiungere a preposizioni come “a, e, o” una d finale (epítesi) quando a seguirle sono parole che iniziano per vocale.
Le teorie moderne sul corretto utilizzo della d eufonica sono tante e discordanti: c'è infatti chi si ostina a preservarne l'utilizzo nella forma più antica, proponendo locuzioni ormai in disuso, come “od avendolo” e chi, invece, si limita a usarla a cospetto della preposizione “a” (ad) e della congiunzione “e” (ed).
Un uso indistinto di questa particella può però portare a fenomeni di cacofonia, come anticipato, alquanto fastidiosi, dove un ripetersi di sillabe con il medesimo suono non è affatto indicato.
Vediamone alcuni esempi:
“ad adempiere”, “ed educato”, “od odorare”, eccetera.
E' invece consigliabile utilizzare la d finale in corrispondenza di parole che iniziano con la medesima vocale della proposizione a cui fanno seguito, per esempio: “ad aspettare”, “ ad annuire”, “ed entrare”, “ed enunciare”, eccetera.
Fanno eccezione a questa “regola” parole il cui incontro di vocali non ha eguaglianza alcuna ma per le quali il supporto eufonico è preferibile affiancarlo, come per una locuzione di uso comune, quale: “ad esempio”.
Non vi sono dettami linguistici specifici sul corretto uso della d eufonica, pertanto, essendo uno strumento di ausilio alla pronuncia, è bene affidarsi a questa, in caso di incertezza: dove non si è certi se usarla o meno, facciamo una prova di lettura e affidiamo il compito di decidere al nostro orecchio; dopotutto, è l'effetto sonoro delle parole che vogliamo rendere il più armonioso possibile.
È forse uno dei difetti più facili da incontrare nei manoscritti di scrittori principianti, o comunque ignari di certe regole editoriali. Non si tratta di un vero e proprio errore, ma se volete dare un aspetto professionale al vostro lavoro, dovete fare attenzione a lei: la “d” eufonica.
Non esistono regole rigide sul suo utilizzo. Secondo l'Accademia della Crusca, l'uso della “d”eufonica «dovrebbe essere limitato ai casi di incontro della stessa vocale, quindi nei casi in cui la congiunzione e e la preposizione a precedano parole inizianti rispettivamente per e e per a (es. ed ecco, ad andare, ad ascoltare, ecc.)»
Oggi infatti si preferisce limitare l’aggiunta finale (epítesi) della “d” solo per ovviare a un incontro sequenziale di due vocali uguali (a Ancona, e elaborare) che darebbe luogo a una cacofonia fastidiosa alla pronuncia (motivo per cui la “d” eufonica stessa nasce), lasciando tutti gli altri casi alla discrezione dell'autore, ma sconsigliandone comunque un uso continuo.
Comunemente quindi, oggi si scrive “ad andare” o “ed emettere” (la forma “od” è ormai rarissima, anche davanti alla “o”), mentre sono da evitare usi come “ed anche” o “ad ogni”. Sono consentite invece in formule fisse, come “ad esempio”.
Scrivete quindi:
Lisandro ed Ermia insieme a Demetrio ed Elena provano ad andare nel bosco.
Lì, il succo magico porterà Demetrio a innamorarsi di Elena.
Toccherà a Oberon, riuscire a inserire di nuovo un po’ di succo negli occhi di Demetrio.
La verità è che questa consonante, detta eufonica appunto per il compito di dare un buon suono alla lettura, non ha altra regola che quella dell'orecchio e, non essendoci in fondo una norma fissa, sta di volta in volta proprio all'orecchio dell'autore valutarne l'uso con l'unico intento di rendere la frase il più gradevole possibile alla lettura. Per questo motivo, si sconsiglia anche di usare “ed” davanti a una parola che inizia per “e” seguita da “d” e anche da “t”. Avremo quindi: “e editore” e non “ed editore”.
L'unica regola certa da seguire alla fine è quindi quella di evitare la cacofonia, e l'unico criterio, il buonsenso o, se preferite, il buongusto dell'autore. Il trucco può essere quello di leggere ad alta voce il periodo in questione, per capire come possa suonare meglio.
Per tutte queste ragioni, non è propriamente errore utilizzare la “d” eufonica anche in caso di vocale diversa, ma questo tipo di utilizzo è considerato obsoleto ed è rifiutato dalla stragrande maggioranza degli editor, perché ritenuto dilettantesco. In effetti, nei libri editi negli ultimi anni la “d” eufonica non è più presente e quindi il suo utilizzo è un chiaro segnale di scarso aggiornamento sull'uso corrente della lingua italiana. Che certamente non è un bel biglietto da visita per chi vuole fare lo scrittore.